domenica 24 aprile 2011

Se i frontalieri italiani diventano ratti





















Qualche giorno fa i maggiori media del paese hanno rilanciato la notizia del voto cantonale in Svizzera. Le urne hanno decretato la vittoria della Lega del Ticino, guidata da un tale Giuliano Bignasca. Al di là del normale interesse che suscitano tutte le vicende che succedono in questo mondo globalizzato, i cittadini italiani hanno un ulteriore motivo per guardare con attenzione oltre le Alpi. Il tale Giuliano Bignasca di prima, infatti, è il leader di un partito populista che ha dichiarato guerra ai frontalieri italiani, ovvero quei lavoratori che risiedono nei territori italiani di confine e che ogni giorno si recano in Svizzera per lavorare. Ho scritto “dichiarato guerra” per sottolineare l’aspetto negativo dei fatti. È una battaglia politica legittima quella che si propone di attuare la rideterminazione dei Trattati e delle Convenzioni Italia - Svizzera, ma tutta la legittimità in questione va a farsi benedire quando la battaglia politica viene condotta con le armi del populismo e della demagogia. Sono recenti, e vive nella memoria, le campagne di odio condotte in Ticino nei confronti dei frontalieri italiani, definiti addirittura “ratti” che usurpano le ricchezze della Svizzera. Noi italiani, purtroppo, conosciamo benissimo lo stile della politica populista e demagoga. Naturalmente è quella della Lega Nord, fatta di dichiarazioni e gesti ad effetto che molto spesso rischiano di sfiorare il razzismo e il vilipendio delle istituzioni italiane. Eppure i voti della Lega Nord, ahinoi!, sembrano confermare la facile suggestionabilità della coscienza pubblica che si lascia trasportare verso i traguardi deteriori della civiltà umana. In una celebre poesia, Pasolini scrive: «L’intelligenza non avrà mai peso, mai, nel giudizio di questa pubblica opinione. Neppure sul sangue dei lager tu otterrai, da una dei milioni d’anime della nostra nazione un giudizio netto, interamente indignato». Fino a che punto dobbiamo arrivare per capire che stiamo sbagliando? Forse non c’è un limite se addirittura qualcuno ha il coraggio di giustificare un lager. Infine, prima di spiegare l’astio dei ticinesi verso i lavoratori frontalieri, vorrei indignarmi pubblicamente per il modo con cui i media italiani hanno dato la notizia dei risultati elettorali ticinesi chiamando la Lega dei Ticinesi semplicemente Lega, innescando così un meccanismo surrettizio di identificazione con la Lega Nord. Alcuni lettori e  telespettatori sono stati così ingannati e indotti a pensare che la Lega Nord di Bossi è talmente forte da vincere pure in Svizzera. Macché. TUTTO FALSO! Stay tuned gente…non vi fate infinocchiare.

Ora veniamo al tema squisitamente fiscale del post. Cosa succede quando il residente di uno Stato presta il suo lavoro in uno Stato estero? Dove pagherà le tasse il lavoratore?
Il diritto internazionale tributario si occupa di dirimere la questione. In particolare le Convenzioni contro le doppie imposizioni sono lo strumento principale con cui due Stati, quindi su base bilaterale, si impegnano ex-ante a disciplinare alcune fattispecie generatrici di reddito imponibile in entrambi gli Stati contraenti. L’Italia ha stipulato un gran numero di convenzioni negli ultimi decenni, e una di queste è quella con la Svizzera. Clicca qui per leggerla. Fa parte integrante di questa convenzione l’Accordo tra la Svizzera e l’Italia relativo all’imposizione dei lavoratori frontalieri ed alla compensazione finanziaria a favore dei Comuni italiani di confine. La convenzione contro le doppie imposizioni, scritta sul modello O.C.S.E., è simile a tutte le altre convenzioni contro le doppie imposizioni; all’art. 15 disciplina l’imposizione del lavoro subordinato e nella sostanza conferisce agli Stati contraenti una potestà impositiva concorrente sui redditi di lavoro dipendente. Tuttavia il particolare Accordo tra Italia e Svizzera stabilisce all’art. 1 che: «I salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della rimunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta». Subito dopo però, l’art. 2 dice: «Ognuno dei Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese verserà ogni anno a beneficio dei Comuni italiani di confine una parte del gettito fiscale proveniente dalla imposizione – a livello federale, cantonale e comunale – delle rimunerazioni dei frontalieri italiani, come compensazione finanziaria delle spese sostenute dai Comuni italiani a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio ed esercitano un’attività dipendente sul territorio di uno dei detti Cantoni. La compensazione finanziaria di ognuno dei tre Cantoni è pari, rispettivamente, al 20% per il 1974, al 30% per il 1975 ed al 40% per gli anni successivi, dell’ammontare lordo delle imposte sulle rimunerazioni, pagate durante l’anno solare dai frontalieri italiani».
Credo che i primi due articoli dell’Accordo bastino a spiegare molto bene l’astio della Lega del Ticino nei confronti dei frontalieri: il riversamento nelle casse dei Comuni italiani di confine di un importo pari al 40% delle imposte lorde che i frontalieri italiani pagano in Svizzera. È inoltre da tenersi in considerazione il fatto che buona parte del potere d’acquisto derivante dalle remunerazioni svizzere verosimilmente si può considerare speso in Italia; qualcuno direbbe che la Svizzera, in questo modo, finanzia la spesa privata italiana (una piccolissima parte, certo!).
Io credo comunque che un nuovo equilibrio nei rapporti tra Italia e Svizzera sia da trovare. Non solo perché effettivamente il 40% sembra una percentuale molto alta, ma anche per altri due buoni motivi:
  1. perché il Governo italiano potrebbe fruttuosamente giocare la carta dei frontalieri per ottenere aperture della Confederazione elvetica sulla questione del segreto bancario e dello scambio di informazioni affinché si possano stanare i furbetti che portano i capitali oltre le Alpi;
  2. perché negli ultimi anni parecchi lavoratori italiani hanno fatto di tutto per essere considerati frontalieri e quindi dichiarare tutti i redditi solo e soltanto in Svizzera con aliquote sensibilmente più basse (questo è il caso delle false residenze in Comuni italiani di confine in cui ci sono abitazioni date in affitto a qualcuno che poi non le abita).

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