giovedì 12 maggio 2011

Residenza fiscale ai fini Irpef e Ires
























L'art. 2 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917, cd. TUIR, recita: “[...]. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”. Perciò i criteri per determinare la residenza di una persona fisica sono tre. Il primo, quello della residenza anagrafica, è certamente il più immediato: se sei iscritto nell'anagrafe di un Comune italiano sei residente! Ma cosa succede se qualcuno intendesse cancellarsi dalle anagrafi italiane (caso Valentino Rossi!) per iscriversi all'AIRE, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero?
Bé, l'amministrazione finanziaria non rimane con le mani in mano e replica che la cancellazione dalle anagrafi italiane e la successiva iscrizione all'AIRE “non costituisce elemento determinate per escludere il domicilio o la residenza nello Stato [...].”, come riporta la Circolare n. 304/E del 1997. Questo significa che il contribuente italiano che finge di essere non residente in Italia può essere pizzicato dal Fisco, e ricondotto all'assoggettamento fiscale in Italia se il soggetto ha nel territorio dello Stato (per più di 183 giorni in un anno): 1. il domicilio ai sensi dell'art. 43, comma 1, c.c., ovvero “la sede principale dei suoi affari e interessi”; 2. residenza ai sensi dell'art. 43, comma 2, c.c., ovvero “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Naturalmente in questo caso sono l'Agenzia delle Entrate o la G.d.f. che devono sbattersi per dimostrare il domicilio o la residenza civilistica. Ma attenzione caro contribuente, perché se ti cancelli dalle anagrafi italiane per trasferirti in un Paese black-list, o meglio, diverso da quelli (white-list) indicati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996 e successive modificazioni, allora l'onere della prova si inverte e sei tu a dover dimostrare all'amministrazione di non essere residente in Italia.
I concetti sono alquanto differenti se si parla di persone giuridiche, di società insomma. Spostiamoci nel Titolo II, Capo I del mitico TUIR. L'art. 73, comma 3, recita: “[...]. Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato”. È sufficiente anche una sola delle condizioni dell'art. 73 per attrarre una società o un ente nella sfera dei soggetti passivi IRES (imposta sul reddito delle società). Dunque attenzione a sede legale (come risulta da atto costitutivo), sede effettiva dell'amministrazione (dove vengono prese le decisioni rilevanti) e oggetto principale (dove viene prevalentemente svolta l'attività). Anche per le persone giuridiche, come per quelle fisiche, è stata introdotta una norma che permette all'amministrazione di eccepire la presunzione di residenza in Italia al fine di contrastare fenomeni di esterovestizione. Perciò ancora una volta, caro contribuente italiano, se tu sei socio di una holding con sede all'estero, magari pure in un paradiso fiscale, che detiene partecipazioni di controllo ex. Art. 2359, comma 1, c.c. in società residenti in Italia, allora la tua bella holding si considera residente in Italia anche lei, salvo prova contraria naturalmente.
E poi, caro contribuente, ti sei mai chiesto se all'estero paghi le tasse, in che misura e come te le chiedono? E se te le chiede sia il Paese straniero sia l'Italia? Cosa fai, paghi due volte? Non ti preoccupare, non paghi due volte (forse!). Il problema tentano di risolverlo le cc.dd. Convenzioni contro le doppie imposizioni...ma questa è un'altra storia!

3 commenti:

  1. Buongiorno, non mi è chiara una cosa:
    Una persona che viva 300 e piu giorni all'anno in un Paese della Comunità Europea, che in quel Paese abbia una dimora fissa, interessi economici, amicizie, rapporti sociali, e che magari sia anche iscritto all'AIRE, e che però abbia la famiglia in Italia (perchè magari la moglie non può seguirlo ) viene considerato residente fiscalmente in Italia ? Non parliamo di un finto residente all'estero ma di uno che ci vive per davvero per la stragrande maggioranza dell'anno e che quindi è obbligato per legge ad iscriversi all'AIRE.
    Grazie per la eventuale e gradita risposta

    RispondiElimina
  2. devi avere patente carta identità estera contratto di lavoro da dipendente all estero , e tua moglie deve avere un lavoro in Italia che le permetta di essere autonoma


    Non basta l'iscrizione all'Aire
    per evitare la tassazione in Italia
    Importante vittoria dell'Agenzia delle Entrate in materia di corretta individuazione della residenza fiscale

    La sola registrazione nell'anagrafe dei residenti all'estero non è determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, mentre ciò che conta è il fatto che in Italia ci sia il domicilio, laddove il centro principale degli interessi del soggetto deve essere identificato nel luogo in cui la gestione di questi interessi viene esercitata abitualmente esclude la residenza fiscale in Italia.
    Ad affermare il principio, confermando le pretese dell'Amministrazione finanziaria, la Corte di cassazione con la sentenza n. 14434 del 15 giugno 2010.

    RispondiElimina