lunedì 12 novembre 2012

Associazione in partecipazione dopo la Riforma del lavoro 2012


Per gli aspetti fiscali dell'associazione in partecipazione leggi anche Associazione in partecipazione: profili fiscali e previdenziali.
Il 18 Luglio 2012 ha acquistato vigore la L. 92/2012 cosiddetta riforma Fornero. In particolare, i commi 29 e 30 dell'art. 1 hanno inciso profondamente sulla disciplina dell'associazione in partecipazione al fine di prevenire il ricorso abusivo e distorto a questo tipo di contratto per dissimulare rapporti di lavoro subordinato. Il nuovo testo dell'articolo 2549 c.c. ora suona così: «Con il contratto di associazione in partecipazione l'associante attribuisce all'associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
Qualora l'apporto dell'associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l'unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all'associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato».

Massimo tre associati

Dunque gli associati in partecipazione possono essere al massimo 3 a prescindere da quanti siano gli associanti. Il riferimento è agli associati in partecipazione con apporto di lavoro oppure capitale e lavoro, quindi la restrizione della nuova legge non si applica ai casi di apporto di solo capitale. Non si applica nemmeno nel caso in cui associante e associato siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado (genitori-figli, nonni-nipoti, zii-nipoti e fratelli) e di affinità entro il secondo (suoceri-generi/nuore e cognati). L'inottemperanza fa scattare la presunzione assoluta, senza cioè possibilità di smentita, di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Mi sembra interessante sottolineare due aspetti che intendo valutare con azzardo. In primo luogo, il numero degli associati in partecipazione può essere maggiore di tre se nel computo si fanno rientrare anche i familiari esclusi espressamente dalla norma.
In secondo luogo, il testo della legge si riferisce al «numero degli associati impegnati in una medesima attività» e tale espressione può far ritenere superabile il limite di tre lavoratori associati qualora ad essi siano affidati affari o attività diverse. Il primo comma dell'articolo 2549 c.c. che rappresenta la base di partenza del nuovo testo parla infatti di impresa dell'associante, e nessuno può negare che all'interno dell'impresa (intesa nella sua accezione commerciale come attività autonomamente organizzata ecc.) siano presenti più attività. Insomma la domanda che giro ai miei lettori è se il limite di tre associati rilevi con riferimento alla singola impresa o alle attività attraverso cui essa si manifesta.

Effettiva partecipazione agli utili

Il comma 30 dell'articolo 1 della riforma Fornero può essere rielaborato come segue. I rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro instaurati o attuati senza che vi sia stata un'effettiva partecipazione dell'associato agli utili dell'impresa o dell'affare, ovvero senza consegna del rendiconto previsto dalla legge [n.d.a.], si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La predetta presunzione si applica, altresì, qualora l'apporto di lavoro non presenti i requisiti introdotti dal comma 26 del presente articolo.
Il rendiconto, la cui assenza caratterizza l'ipotesi sanzionatoria, è quello indicato nell'articolo 2552 c.c. rubricato Diritti dell'associante e dell'associato. La gestione dell'impresa o dell'affare spetta all'associante. Il contratto può determinare quale controllo possa esercitare l'associato sull'impresa o sullo svolgimento dell'affare per cui l'associazione è stata contratta. In ogni caso l'associato ha diritto al rendiconto dell'affare compiuto o a quello annuale della gestione se questa si protrae per più di un anno. Il rendiconto è una sorta di bilancio d'esercizio attraverso cui il lavoratore può informarsi circa i risultati d'impresa e stabilire inequivocabilmente quale sia la fetta di utile di sua spettanza.
Il comma 26 invece si occupa del mondo delle partite iva e per espresso richiamo anche della questione dell'associazione in partecipazione stabilendo che tale rapporto si presume di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche quando l'attività svolta dal lavoratore non sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell'esercizio concreto di
attività. Quest'ultima mi sembra l'ennesima trovata bizzarra del legislatore nella misura in cui a contrario si legge che il lavoro subordinato non è connotato da competenze teoriche di grado elevato ecc. Ancora una volta si confonde il vincolo di subordinazione con la qualità del lavoro svolto e purtroppo si lascia intendere che il lavoratore dipendente è un automa alla mercé del suo datore di lavoro. Oltre a questo spunto di riflessione di tipo sociale, occorre sottolineare come in questo modo si pregiudica la libertà contrattuale delle parti con sofismi completamente assenti nelle parole del legislatore originario, cioè quello del codice civile.

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